Il sipario si alza sul ticchettio di una macchina da scrivere. È quella di Bernardino Ciambelli alle prese con la stesura di uno dei numerosi romanzi che verranno pubblicati a puntate sulle pagine delle testate italoamericane e che raccontano la cronaca, spesso nera, della vita nelle Little Italy di New York di fine Ottocento. E la trama del suo più famoso romanzo, I misteri di Mulberry Street, farà da contenitore alla storia che Francesco Durante ci racconta in Italoamericana. Tra parentesi Italoamericana è anche il titolo dei due volumi da lui curati in cui ha raccolto le biografie e le opere dei principali scrittori italoamericani del periodo.
Per tutto lo spettacolo le scene del melodramma, rappresentate attraverso suggestivi ologrammi, si alterneranno ai dialoghi tra Ciambelli e un «collega» Riccardo Cordiferro, scrittore e poeta anche lui, in cui commentano l’America e si ricorda l’Italia, più che altro Napoli. Il tutto inframmezzato da canti e musiche, anch’esse d’epoca. Il vaudeville italoamericano viene riproposto attraverso i testi di Edoardo Migliaccio, Farfariello, il più noto uomo di spettacolo delle little italy. Ascoltiamo così, come fossimo in un teatrino del Lower East Side o di Harlem nel 1900, alcune delle più famose ballate di Farfariello come «La lengua italiana» e «L’ondertecco» (l’impresario di pompe funebri).
Le voci dei protagonisti dei drammi di Ciambelli riempiono gli spazi che sono stati immortalati tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento a New York da Jacob Riis e Lewis Hine, i grandi fotografi sociali. Ma le loro rappresentazioni delle condizioni di vita nei tenements, le case popolari, delle little italy erano mute. Come quelle degli assistenti sociali che, diremmo oggi, monitoravano la situazione dei ghetti newyorkesi quasi quotidianamente per controllare le condizioni igieniche, per assicurarsi che i bambini andassero a scuola, per intervenire sulle condizioni sanitarie. Gli analitici rapporti che stilavano sui casi esaminati non rendevano certo l’anima delle migliaia di immigrati. Né tantomeno le loro voci o i loro momenti di svago.
Ma lo spettacolo non offre solo una suggestiva ricostruzione d’ambiente, riesce anche a inquadrare i personaggi nel contesto storico e sociale dell’epoca narrando le discriminazioni, i conflitti sociali, le tragedie che toccarono gli emigrati italiani in America nel lungo camino verso l’integrazione, non manca neppure una stoccata all’Italia «che si dimentica dei suoi poveri emigrati». La parata dei personaggi italiani, famosi e non, che hanno fatto l’America, si dipana con leggerezza al di fuori di ogni retorica. Così come la scena finale in cui scorrono i nomi degli americani di origine italiana con la musica di Frank Zappa come sottofondo.
Non a caso lo spettacolo si inserisce nel programma delle celebrazioni di Italia 150, Fare gli italiani – Teatro.
m.t.